Cultures and Religions

Ogni Cultura possiede le proprie norme per cio' che sia socialmente accettabile

Saturday, December 3, 2011

Il segno e la scrittura

Il segno è la traccia lasciata volontariamente dall'uomo. La volontà corrisponde alla necessità di mantenere fermo il ricordo o la prova di un'azione, di un desiderio, di una paura nella memoria (ecco perché gli uomini ancora oggi lasciano segno della propria volontà con una firma).
L'uomo del Paleolitico scoprì per primo la potenza e l'eternità dei segni. Le grotte di ogni continente custodiscono ancora oggi i primi segni dell'uomo: scene di caccia, animali, riti di iniziazione. Segno quindi sono; segno quindi sono stato: nonostante il soggetto trapassi, il segno resta.
L'uomo del Neolitico ereditò il segno: ne qualificò l'uso e ne liberò una parte dal suo significato magico. Lo introdusse nella vita quotidiana. Significativi sono i ritrovamenti di dischi di pietra segnati con una croce e che attestavano probabilmente lo scambio di beni "preziosi" (pecore, capre).
La Rivoluzione agricola del 10.000  ca. a. C. e il conseguente passaggio dall'organizzazione sociale del villaggio a quelle delle prime città, costrinsero l'uomo a servirsi non più del segno ma dei segni. La complessa organizzazione della città si tradusse in una complessa organizzazione di segni. La città ha i magazzini per i prodotti agricoli, la città ha i templi e le donazioni dei fedeli: la memoria deve essere resa ferma, certa, inoppugnabile.
Le prime forme di scrittura nacquero in Mesopotamia tra il IV e il III millennio a. C. e quasi contemporaneamente anche in Egitto. La scrittura è un sistema di segni organico, convenzionale, riconosciuto ed accettato da altri.
I primi sistemi di scrittura utilizzati sia dai Sumeri che dagli Egizi si basavano sui pittogrammi, ovvero si disegnava ciò che si voleva segnare: "scrivere" la parola «pecora» era "disegnare" una/la pecora. Questa prima forma di scrittura fu tipica non soltanto alle popolazioni della "Mezzaluna fertile", ma fu comune a molte civiltà, quelle dell'India, dell'Estremo Oriente e dell'America del Nord[1].
Al sistema di scrittura pittografica seguì quello di scrittura ideografica, il quale permetteva di scrivere non solo parole che indicavano oggetti materiali, concreti, ma anche concetti astratti, come le azioni. Nella scrittura ideografica il segno non è più soltanto rappresentazione dell'oggetto raffigurato, ma anche di un'idea legata ad esso: il segno stilizzato che raffigura un occhio, non è più soltanto la parola «occhio», ma anche l'azione di vedere, quindi la parola «vedere».
Il sistema di ideogrammi fu alla base delle scritture mesopotamica[2], egizia e cinese[3]. Gli ideogrammi sumeri ed egizi tuttavia si differenziano nei segni e nelle modalità di scrittura, nei supporti e negli usi.
I Sumeri utilizzavano la cosiddetta scrittura «cuneiforme». Questo tipo di scrittura prende il nome dalla peculiare forma dei segni, a cunei appunto, ovvero dei triangoli disposti in posizioni e grandezze diversi. Il caso fortuito di un incendio ha permesso la conservazione delle tavolette d'argilla fino ai nostri giorni. Importante rimane il codice di Hammurabi, prima testimonianza scritta di leggi incisa con caratteri cuneiformi (colonna di pietra, risalente al periodo assiro-babilonese, XVIII sec. a.C.).

Di grande rilievo risulta l'iscrizione epigrafica sulla roccia del monte Behistun in Iran risalente al VII-VI sec. a. C., in cui i caratteri cuneiformi vengono utilizzati per scrivere lo stesso testo in tre lingue differenti (babilonese, persiano antico ed elamitico). Questa testimonianza, scoperta e decifrata dall'inglese Henry Rawlinson (1810-1895)[4] mette in luce il passaggio verso l'uso fonetico della scrittura, ovvero l'associazione di un suono, o di un insieme di suoni, a un segno grafico, per mezzo dell'acrofonia[5].

In Egitto la scrittura ideografica è denominata «geroglifica» (la parola «geroglifico» deriva dal greco e significa letteralmente: «sacri segni scolpiti»). Tracce di geroglifici si hanno già nel III millennio e la forma di scrittura rimase in uso fino al I sec. a. C. nonostante l'Egitto fosse già dal III secolo quasi interamente "grecizzato". Reperti con geroglifici vengono datati già a partire dal III millennio a. C. e sono giunti sino a noi su tavolette d'argilla, papiri e monumenti religiosi e funerari. Il sistema dei geroglifici era particolarmente complesso e fondamentale alla sua comprensione fu il ritrovamento della stele di Rosetta nel 1799 (lastra in basalto che riporta un'iscrizione in tre scritture: geroglifico, demotico e greco antico), che permise a J. F. Champollion di decifrarlo nel 1822. La scrittura geroglifica poteva essere scritta da destra verso sinistra, da sinistra verso destra, dal basso verso l'alto e dall'alto verso il basso. Anche la scrittura egizia, come quella sumera, subì già nel I millennio a. C. un'evoluzione in senso fonetico. Testi in geroglifico riportano l'uso integrato di ideogrammi e del sistema fonetico[6].

L'alfabeto nacque invece in Fenicia nel I millennio a. C.. L'innovazione dell'alfabeto è legata alla sua struttura: ad un fonema (un suono) corrisponde un grafema (un segno grafico). Tale caratteristica rendeva infinitesimale la combinazione tra i segni e di conseguenza la scrittura di qualsiasi parola[7].

L'alfabeto fenicio, formato solo da consonanti, fu mutuato dai Greci, che lo fornirono di vocali, e per tramite della mediazione greca ed etrusca esso arrivò a Roma. L'alfabeto latino, tuttora in uso, è diffuso in tutto il mondo per motivi culturali ed economici ed è uno delle evoluzioni di quello fenicio.

L'invenzione dell'alfabeto non ha più messo in discussione il sistema di scrittura utilizzato in Occidente.

La storia, l'economia e la cultura hanno sì condizionato l'uso della scrittura, ma questa, nei quattromila anni circa trascorsi dalla sua invenzione, è stata veicolo ed espressione di quelle.

Gli imperi, le cancellerie, le epigrafi, i codici, gli scriptoria, i monasteri e le grandi abbazie, gli studia, la stampa e le leggi sono enti diversi e diversificati del sortilegio e dell'autorità della scrittura. E cosa tenne unità l'Europa che si sbriciolava dopo la dissoluzione dell'Impero Romano, se non la dirompente forza della scrittura? Una flebile unità fu mantenuta grazie alla scrittura, nonostante il particolarismo grafico altomedioevale[8], usando la felice espressione del Cencetti. E cosa, se non l'immane potenza deflagrante della scrittura fece della stampa uno tra i più pericolosi mezzi di distruzione e distrazione di massa?

Chi è Virgilio, chi è Alcuino, chi è Gutenberg senza la scrittura? Cos'è la Chiesa, cos'è la Riforma protestante, cos'è la Rivoluzione francese senza la scrittura? Niente, citando l'abate Siéyés. L'Occidente è la scrittura: la scrittura alfabetica.

I giorni nostri sono contraddistinti da un'alfabetizzazione massiccia, coatta e spersonalizzata, e minati da un analfabetismo di ritorno. In questo scenario il progresso tecnologico e la struttura economica del III millennio d. C. impongono nuovi sistemi di scrittura e nuovi linguaggi, i quali impongono nuove logiche alfanumeriche, binarie e relativiste, lontane da quella alfabetica. Ma anche in questi casi, laddove ai grafemi legati a fonemi si sostituiscono serie infinite di 0 e 1 o di codici alieni, la scrittura rivela la sua arcana potenza di mantenere in eterno, di trasformare e di evolvere.

 Pietro Simone Canale





[1] Si rimanda a J. Friedrich, Decifrazione delle scritture scomparse, Firenze, Sansoni, 1973.
[2] Per un quadro generale sui Sumeri e sulla Mesopotamia si rimanda a G. Pettinato, I sumeri, Milano, Bompiani, 2005.
[3] Si rimanda a W. Watson, La Cina prima degli Han, Milano, Il Saggiatore, 1977.
[4] F. Masó Ferrer, La più grande invenzione della civiltà. La nascita della scrittura, in «Storica. National geographic», numero 34, dicembre 2011, pp. 26-39.
[5] Principio su cui si basa la grafia fonetica semitica ed egizia, dove è parallela al geroglifico; consiste nell’assegnare a un segno in origine pittografico il valore della consonante iniziale della parola da esso rappresentata: così il segno indicante la «mano» vale y nelle scritture semitiche, perché la parola «mano» è in semitico yōd. Uno dei sistemi di numerazione greca prevedeva che i numeri fossero indicati con la lettera iniziale del loro nome (per es., Π=πέντε, 5; Δ=δέκα, 10). Treccani.it  L'Enciclopedia italiana, http://www.treccani.it/enciclopedia/acrofonia/.
[6] Si rinvia alla recente opera di M. Betrò, Geroglifici. 580 segni per capire l'Antico Egitto, Milano, Mondadori arte, 2010.
[7] M. E. Aubet, The Phoenicians and the West, Cambridge University Press, London, 20012.
[8] G. Cencetti, Paleografia latina, Napoli, Ed. Jouvence, 1978, pp. 70-5. Per una storia generale della Paleografia latina si consiglia A. Petrucci, Breve storia della scrittura latina, Roma, Bagatto Libri, 1992.

Wednesday, November 9, 2011

Mitologia Maya. LA XTABAY


Nel corso degli millenni, gli uomini hanno sempre cercato di introdurre personaggi mitici e leggendari nella loro vita, magari per dare una strigliata alla loro monotona vita, oppure soltanto per spargere rumori tali da lasciare la gente a bocca aperta e far sussultare ed intimorire i bambini dei villaggi. La seduzione e' anche stata protagonista nella storia: l'evoluzione della figura fantastica delle Sirene nei mari Greci, che disorientavano i marinai; Inanna nell'antica Mesopotamia era una donna molto potente, guerriera, amante e seduttrice; Cleopatra in Egitto utilizzava la seduzione come arma per arrivare al potere. Oggi voglio presentarvi una donna mitologica Maya: la Xtabay. 

L'unica differenza tra la Xtabay e le altre figure mitologiche che ho elencato precedentemente, e' che le altre appartengono ormai al lontano passato, mentre in Yucatan tuttora la figura della Xtabay e' ancora tenuta in considerazione dalla gente dei villaggi, i quali affermano di averla vista molte volte aggirarsi per la selva nelle notti di luna piena. Gli anziani dei villaggi continuano a ripetere: "Se per caso vi trovate di passaggio per i sentieri delle terre Maya, di notte, potrete avere l'immensa fortuna ( o sfortuna) di incontrare una donna affascinante, nascosta o seduta ai piedi di qualche albero di "ceiba" (considerato un albero sacro, in quanto rappresenta l'epicentro della cosmologia Maya)". E come riesce a sedurre gli uomini? Stessa tecnica delle sirene dei mari greci, usando dolci parole d'amore, le quali possono addolcire ed uccidere chiunque, ed il corpo del malcapitato potrebbe apparire il giorno dopo coperto di morsi e lividi.  


Secondo quanto narrano le leggende paesane, molto tempo fa, in un paesino situato vicino queste terre, vivevano due donne, una era Xtabay, soprannominata Xkeban (prostituta in Maya), l'altra, sua sorella, era Utz-Colel ( Donna decente). La prima si lasciava andare in atti amorosi e passionali con molti uomini del villaggio, ed incurante delle parole della gente oltre ad offrire il suo corpo offriva loro la sua generosità, il suo cuore. Sopportava con tanta umiltà gli insulti della gente, e non si lasciava mai andare. La sorella, Utz-Colel, era l'opposto: Una donna pulita dentro, che non avrebbe mai ceduto a nessun atto amoroso e al peccato carnale. Sotto quello sguardo dolce e innocente Utz-Colel nascondeva invece un cuore di pietra. Un giorno, più o meno come tutti gli altri, Xtabay senza dare alcun preavviso scomparve. Molti paesani pensarono che la donna sicuramente aveva deciso di lasciare il paese per continuare ad offrire il suo amore ad altra gente, altri molto più preoccuparti decisero di avvicinarsi alla soglia di casa sua, i quali sbirciando incuriositi si accorsero che la donna non aveva mai lasciato il paese, ma giaceva a terra, in casa, priva di sensi. Alla scoperta del corpo, il paese venne avvolto come d'improvviso da un odore meraviglioso, che sapeva tanto a fiori. L'aroma proveniva proprio dalla casa di Xtabay.

 Subito la gente corse ad avvisare la sorella dell'accaduto, la quale incredula sosteneva che era impossibile che il corpo indecente e sudicio di una donna come Xtabay avrebbe potuto emanare un odore così dolce, e che se così era, si trattava sicuramente di qualche spirito maligno impossessatosi di lei. Molta gente crebbe alla teoria di Utz-Colel, e al consenso unanime del paese, abbandonarono il corpo in quella casa. Solo alcuni uomini una notte, decisero di prelevare il corpo di Xtabay e seppellirlo non lontano dal paese. Il giorno dopo, sopra la tomba, crebbero migliaia di fiori, belli e odorosi. Questo fiore e' conosciuto con il nome di Xtabentun. Ha un aroma dolcissimo, e il suo succo ubriaca (esiste infatti un liquore oggigiorno, derivato proprio da questa pianta). Intanto poco tempo dopo venne a mancare anche Utz-Colel. Tutta la gente partecipo' al suo funerale, ma dalla tomba di costei venne fuori soltanto un odore pestilenziale. Sulla sua tomba poco dopo, nacque un fiore bello, bellissimo, che pero' emanava un odore terribile. Questo fiore oggi viene chiamato Tzacam. 

Insomma, una bella storia che finisce ancora meglio se consideriamo che le voglie peccaminose di Xtabay erano condizionate da un impulso generoso e veritiero, e vennero ricompensate con fiori gradevoli sulla sua tomba, mentre la sorella, invece, aveva peccato di superbia. Nonostante questa storia sembri si fonda con quello che oggi conosciamo come realismo magico, la figura mitologica della Xtabay oggigiorno continua a tenere allerta la popolazione yucateca. Molta gente ammette di continuare a vederla di notte, mentre alcune donne affermano che i mariti sono stati rapiti ed uccisi da Xtabay. Altra gente assicura di vederla aggirarsi tra le "ceiba" di notte, ma non si azzarda a mettere un piede fuori di casa. Intanto Xtabay e' sempre la, si risveglia al veder passar gli uomini, li aspetta silenziosamente sotto il suo albero pettinandosi quei lunghi bei capelli. Li insegue, li attrae nella sua trappola, e dopo averli sedotti li uccide nell'esaltazione e la passione di un amore di fuoco. In verità, nelle notti di luna piena,  sarebbe stupendo fare una passeggiata e poter incontrare Xtabay, ma preferisco rimanere a casa!  

Monday, October 31, 2011

HANAL PIXAN, The Mayan Day of the Dead

The souls are coming back! Relax, its just to visit their relatives. Yucatan is getting ready to celebrate its holiday. Hanal Pixan, literally translated as "souls' food", is known to be a great celebration here, in which Mexicans remember their dead. Hanal Pixan is celebrated the first days of November, when Mayans believed that death was not the end for a human being, but only a change of "status", or in  better words, a passage to a better life.

According to the Popol Vuh (the Mayan Bible), even in the world of the dead there was a kind of "life": the Lords of Xibalba used to play the "juego de la Pelota", or just enjoy their time as dead. Back to the living world, families here in Yucatan get ready to receive their relatives' souls back into their houses. Everybody thinks that these souls are back from the world of the dead, and they are coming back to stay around them. So, why not receiving them with love and affection as when they were alive? People in their homes create altars, made of leafs and flowers, and decorated with an incredible amount of food and objects.  But preparing an altar in not that simple as it looks.

 I have observed during these days that people here are very serious about this holiday, and they try to do their best to make a sumptuous altar, so that the souls of the relatives would appreciate the work their living relatives did. So they have to prepare all kind of food and stuff that the departed liked. They they talk about them as if they were alive, trying to remember all the good advices they left them when alive,and the good and bad things they did. Families prepare the altar to commemorate their relatives, and there is nothing better that seeing this symbolic demonstration of love towards them. The typical food we can find in an altar during Hanal Pixan is chicken, corn, pork, rice pudding, pan de muerto, and mucbipollo (which is a traditional mayan dish), and atole de maiz nuevo ( a cornflour drink). They light up incense, usually in this area is copal and myrrh.  Mayans, back in time, used to fill their dead relatives' skulls with corn.

Today, actually we can still observe that corn is still used a lot for this ceremony, and sort of mayan objects, like metate and molcajete, and can be found around the altars. What I found interesting was that families also offer their deceased chocolate, cigarettes, and alcohol (for the adults), while just  candies and toys for the kids' souls. Around the big square of the Centro, in Merida, I was able to "immortalize" some important aspect of this Mayan tradition. An exhibition of altar was taking course on Saturday with a display of altars from different parts of the Yucatan Peninsula, with the representation of more than 25 altars coming from some towns near Merida.

 Mayan mestizas were displaying their goods, but also preparing tortillas on a comal situated on top of the fire, and giving away to people  delicious mayan dish called "Pib" (usually in the little tows is cooked, then left buried underground for a while, to let it rest). It is also possible to find so sugar skulls only at this time of the year, that remind me a lot about the Sicilian tradition of the "Pupi di Zucchero" (Sugar Dolls), that we can also find only around these days. The first day of Hanal Pixan is dedicated only to the kids who passed away, then the second day they celebrate the adults. Just a nice way to bring back our dear souls' memories. 

Thursday, August 4, 2011

Cuidado con los Aluxes

Cuando llegue a Merida no tenia idea de quienes eran los aluxes, pero varias situaciones que pasaron en el lugar donde vivo crearon una situación muy interesante, y no se si por broma o algo mas. En Merida, desde que llegue en la casa no se habla de otra cosa. Ahora, yo creo ( o quiero creer) que las situaciones que pasaron fueron puros accidentes, ilusiones ópticas, o quien sabe. Solo se que vi algo realmente, pero esta es otra historia, y pues, si lo quieren creer bien. Una noche ( 3:45 am) estaba aprovechando del viento fresco que se metía por la ventana para disfrutar un buen cigarrillo, cuando escuche unas voces de infantes en la calle. Me pareció muy raro que algunos mocosos jugaran a esa hora, pero por curiosidad quise acercarme para ver.


Tres chamacos y una nena, que podían tener mas o menos 5 o 6 años iban corriendo y gritando, empujandose el uno con el otro hasta desaparecer a la vuelta de la esquina. En un segundo los gritos no se escuchaban mas, y lo único que se quedo grabado en mi cerebro fue la imagen que acababa de ver, y que se disolvía así como cuando se manifiestan situaciones en la vida que ningún ser humano es capaz de explicar. Interesante, pensé, y en el mismo instante volví a acostarme seguro de que lo que vi no era nada de "inexplicable". El día siguiente, después de dar unas vueltas por la linda ciudad de Merida, regrese en la casa pensando de tomar unos vasos de vino, y tomar un merecido descanso en el patio. Pero era solo el comienzo de una larga noche de misterios. Regresando a la cocina, la botella de vino quedaba sin tapa, pero sin pensarlo dos veces puse la tapa en su lugar, y me regrese a la mesa. Cuando me levante y me acerque por la segunda vez, la tapa estaba otra vez afuera de la botella.  Pensé que alguien en la casa pudiera haberme hecho una broma, pero con sorpresa, todos estaban acostados, y ademas no le faltaba vino a la botella. Que raro pensé. Quizás la presión de l alcohol hizo que la tapa se levantara, o quizás era solo un defecto de fabrica. Tape la botella con mas fuerza esta vez, y de repente el hecho se repitió por la tercera vez, tanto que me acabe la botella y la tire. Cuando al despertar, el día siguiente estaba relatando estos eventos en la casa, me comentaron que se trataba de aluxes, y que siempre pasan cosas así en Yucatan, por que los aluxes son burlones. El interese de aprender sobre esta historia se me hizo siempre mas fuerte, hasta que personalmente empece a investigar sobre quienes son realmente los aluxes.

Según las leyendas mas antiguas, en un lugar conocido como el Mayab en el territorio de Yucatan, Mexico se encontraban los aluxes. Son seres humanos chiquitos, con estatura baja, que pero esta bien relacionada al físico de estos seres. Son muy generosos con la gente, sobretodo cuando se les dan ofrendas, pero también son capaces de hacer trampas, y de molestar la gente, nada mas para burlarse. Les gusta molestar la gente, sobretodo los que estan durmiendo en las hamacas, repitiendo los nombres de las víctimas y empujando la hamaca pero siempre con la intención de no afectar negativamente a nadie. Muchas veces con una pequeña ofrenda se alejan, y es así que (como cuentan unas leyendas) con unos cigarrillos o una cualquier comida los aluxes se sienten satisfechos, y no necesitan volver a molestar la gente. Me aconsejaron entonces de dejarles un vaso de vino para que no volvieran a molestas, y fue así que ya en la casa no he notado accidentes tan misteriosos como los que habían pasado antes.

En los pueblos mayas, acerca de la ciudad de Merida, los cuentos se hacen muy interesantes, por que supuestamente los aluxes protegen los campos y el cultivado, pero si vienen molestados son capaces de meterse en el sembrado y arruinar todo, tirando piedras o simplemente destruyendo lo que los campesinos producen. Los aluxes alejan el mal entonces, pero si vienen tratados mal, pueden ser peligrosos. Ademas ellos nunca duermen, o si lo hacen, duermen con los ojos abiertos...Cuidado con lo aluxes!

Thursday, June 23, 2011

Sorrisi di Giada


Sfogliando una rivista di Archeologia del 2009 mi sono soffermato su un vecchio articolo curioso ed allo stesso tempo interessante. I sorrisi di “giada” erano molto comuni nel periodo  Classico Maya. Proprio negli anni di splendore di questa civilta’ , le “decorazioni fisiche” indicavano non solo la classe sociale alla quale apparteveva un individuo, ma anche appartenenza ad un gruppo etnico o religioso. I piercing di giada servivano, secondo I Maya, a dare eleganza all’ aspetto di un individuo, oltre che a purificare l’alito.
 Ovviamente,per quanto riguarda il linguaggio e la pronuncia,  il piercing ai denti comportava anche delle modifiche al suono di certe parole. La distorsione del suono nella pronuncia di certe parole rendeva la lingua Maya, secondo la loro gente, ancora piu’ elegante.
 Utilizzando per il piercing arnesi rudimentali, le piccole scaglie di minerali  venivano inserite nelle cavita’ della dentatura anteriore superiore.


I primi Conquistadores della penisola Iberica, ebbero il privilegio di poter apprezzare questa suddetta eleganza, sia tra gli uomini che le donne. Senza alcuna eccezione, le decorazioni avvenivano nella parte visibile della bocca, ossia negli incisivi. Uno specialista riusci’ perfino ad elencare 59 stili decorativi differenti.  

Gli antichi Maya, e soprattutto gli appartenenti ad un alto ceto sociale limavano I loro denti con diversi stili decorative, ma le cementazioni di giada erano riservate solamente all’elite della societa’. Il segreto della bellezza Maya, dunque, nasceva proprio dal sorriso.  

Tuesday, June 7, 2011

Encounter with a Tzotzil Woman


The custodian of the church is waiting for me outside the main entrance of the small and colorful structure. His name is Miguel. His eyes are red like fire, but he is very calm and kind. I cannot even imagine all the “pox” (type of tequila homemade in Chiapas) he has on him. He smiles at me, and that makes me feel more confident, and after paying the ticket to get into the Catholic church of the village, he invites me to get in. It is the first time that I have to pay to get into a religious place, but Miguel keeps telling me that it will be a great experience that I will never forget.

I leave behind the square of San Juan Chamula, crowded of Indigenous people selling any kind of food available in the market, and I turn my eyes inside the Church. I never seen a so dark and frightening “House of God” and I think that it would be dark night if it was not for the hundreds and hundreds candles situated on the floor the church, creating an incredible and evocative atmosphere. I slowly start to walk into the church, while surprised; I have to stay away from the candles piled on the floor. It is hot in here, and the smoke makes me feel sick. The images of the Christian Saints are covered with textiles, ornaments, mirrors, while under their chapels indigenous women, in trance, are repeating incomprehensible litanies, blazing incense and placing candles in front of them. The floor is covered with pine needles, and the cross behind the altar does not have Jesus Christ exposed, but a crown of yellow corn leaves. A Tzotzil woman is recalling my attention.
The atmosphere is peaceful, even if my heart is pumping hard for the enthusiasm. I had never seen a practice of cult where the beliefs of an indigenous culture and catholic rituals were getting united in a wonderful syncretism.  Besides the other indigenous women there is only me into the church. I wonder where the other men are, but while my mind travels into illogical hypothesis the woman that I was looking at, begins her religious service. She begins placing candles around her, colorful candles, and lighting up incense and praying in her Mayan language. I remain amazed, thinking how their beliefs survived so powerfully to create a new practice. Taking my eyes off of the woman for a moment, I look around and I notice something that I did not see before: the images of the saints are missing their limbs. Miguel, the custodian, will explain later that they are paying for their punishment, inflict by the Mayan women because long time ago, the church where they were initially exposed went on fire, and the women believed it was their responsibility, so the right solution was the punishment of the saints.
I look back at the woman, which in the meantime was holding an egg on her right hand, while with the left one was holding another woman’s hand. She begins to trace the other woman’s body, keeping chanting her prayers, and waiting for the bad spirits to leave the body of the woman possessed to get into the egg. I had never imagined seeing a Mayan ritual in person. And I know understand why there are corn leaves on the cross and not Jesus Christ crucified: keeping in mind Mayan Gods ( Yum K’aax) and their religion, the corn leaves in the cross symbolize fertility to Mayan women. It is an incredible scene the one that I see in front of me, where the Mayan culture still predominates, and it found into a Christian church the possibility to profess their practices. The woman keeps going on with her purification ritual, and offering to the other one food mixed with blood. It is their blood that they leave drip into a dish, after cutting their arms. Finally, she expresses thankfulness to the Gods, taking out from a sack a chicken that silently stayed in there all that time, and careless of my presence, broke the neck of the animal scarifying it to the Gods, as a sign of thanks. Miguel, later, will explain that if the saints do not satisfy people’s desires, they get punished also. The forms of punishment differ: they are not taken to procession, or in other occasions the Mayan women wont pray them anymore.
I realize that I saw enough, and I decide to leave the church, when getting outside I get blinded by the light of the sun, and even before reacquiring a perfect vision I get approached by a group of kids begging for food or money. My thought remains with the Tzotzil woman. With her practices and her ethical sense she brought me back in time, when religious sacrifices and respect for their beliefs were the origin of the Mayan cultural principles.

Sunday, June 5, 2011

A proposito di calendari...

A proposito di calendari... che fine hanno fatto i giorni dal 5 al 14 ottobre del 1582?


Chiunque nacque in un giorno compreso tra il 5 e il 14 ottobre di qualche anno prima al 1582, trovò sicuramente difficoltà nel festeggiare il proprio compleanno proprio nel 1582. La premessa scherzosa nasconde davvero una questione storica. É vero che nei secoli precedenti la maggior parte della gente non sapesse quando fosse con precisione nata (al massimo si ricordava il periodo, "qualche giorno dopo la festa di san...", "la vigilia di...", ma il giorno e l'anno era molto raro che si ricordasse) e che non si desse importanza ai compleanni. Tuttavia i giorni dal 5 al 14 ottobre del 1582 proprio non ci sono! Sono stati tagliati fuori dai calendari, dal computo della storia! É necessario quindi spiegare perché. Nel 1582 papa Gregorio XIII, al secolo Ugo Boncompagni (Bologna, 1501 - Roma, 1585), introdusse (esattamente con la bolla Inter gravissima del 24 febbraio) un nuovo calendario, detto appunto "gregoriano". Fino ad allora era stato utilizzato il calendario giuliano, elaborato nel 46 a.C. dall'astronomo greco Sosigene di Alessandria e promulgato da Giulio Cesare, dal quale appunto prende il nome.
Il calendario giuliano prevedeva già i dodici mesi e l'anno bisestile ogni quattro anni. Tuttavia i calcoli approssimativi con cui si era calcolato il ciclo del sole portava alla perdita di un giorno ogni 128 anni rispetto all'equinozio primaverile. Così dal 46 a.C. al 1582 d.C. l'equinozio primaverile si era spostato di circa dieci giorni rispetto alla data del calendario.
Già nel XIII secolo gli astronomi erano a conoscenza di questo errore di calcolo, tanto che Dante ne dà notizia nel XXVII del Paradiso («Ma prima che gennaio tutto si sverni/
per la centesima ch'è là giù negletta», vv. 142-3) . Papa Gregorio XIII ebbe il merito di avere trovato una soluzione a tale problema. L'interesse di papa Boncompagni però non riguardava l'astronomia, bensì la correttezza della determinazione della domenica di Pasqua. La domenica di Pasqua, infatti, è la prima domenica successiva al primo plenilunio di primavera: era quindi necessario stabilire con precisione l'equinozio di primavera e fissarlo correttamente al calendario.
Con la bolla Inter gravissima papa Gregorio XIII stabiliva che per l'anno 1582 dal giovedì 4 ottobre si passasse direttamente al giovedì 15 ottobre il giorno successivo. In questo modo veniva ristabilita la concordanza tra il calendario solare e quello civile. Per evitare che dopo secoli si ripresentasse lo stesso problema papa Gregorio stabilì, che gli anni, la cui numerazione è multipla di 100 fossero bisestili, a patto che fossero anche multipli di 400 (es. 1600 e 2000 sono bisestile, mentre non lo sono 1700, 1800, 1900 ecc.). In tal modo si stabiliva che ogni 400 anni si avessero soltanto 97 anni bisestili e non più 100, come avveniva nel calendario giuliano, recuperando così lo scarto di minuti che veniva si accumulava negli anni.
A fidarsi dei calendari!

Pietro Simone Canale

Monday, May 23, 2011

DICEMBRE 2012: Quando gli uomini predissero la fine del mondo.

E’ possibile che il pianeta in cui viviamo possa essere veramente esposto ad eventi  catastrofici?  Se ne era parlato gia’ in altre occasioni, alcuni anni fa, quando il 2000 doveva coincidere con la distruzione automática di computers, telefoni, ed apparecchi elettronici di ogni genere. Altra gente asseriva che un imminente impatto di un asteroide sul nostro pianeta avrebbe fatto estinguere ogni forma di vita. Tra le svariate profezie che ci sono state presentate, quella (secondo il mio parere) scientificamente piu’ credibile annuncia una futura tempesta solare. Sarebbe il caso di mettersi in allarme, se non fosse per il fatto che onde di elettroni investono la Terra quotidianamente, ed i cicli di tempeste solari si ripetono ciclicamente piu’ o meno ogni decade. Ma la profezia che oggi richiama di piu’ l’attenzione della gente e’ senz’altro la ormai famosissima previsione Maya della fine del mondo, in data 21 Dicembre 2012. Del giorno fatidico ne parlano tutti, ma di come questa fine arrivera’ non sta scritto in nessun libro, tantomeno nelle stele Maya, di cui oggi ne sono rimasti solo pochi frammenti. 


Con questo articolo voglio solo illustrare le caratteristiche del calendario Maya, e di come si e’ arrivati ad annunciare categoricamente la data “21 -12- 2012” come possibile fine della nostra era. L’idea della creazione e distruzione ciclica e’ caratteristica delle religioni tribali nel mondo sia occidentale che orientale. Cosi’ come i Maya e gli Aztechi, altri popoli Mesoamericani meno conosciuti, come i Toltecas, Olmecas, Quiche’, Itza’, Zapotecas ed altri, credevano che l’universo era passato attraverso diverse “Ere” o “tappe”, che che il ciclo che sta per concludersi segnerebbe la fine della “quinta Era”. Quello che perviene alle nostre menti come un processo cosi complesso e soprannaturale, non era altro (per i Maya) che un semplice modo per accedere alla vita di ogni giorno attraverso il passaggio del tempo, nel quale questi cercavano di dare una spiegazione all’ordine del loro cosmo vivente (Esatto, proprio come in occidente e’ nato il calendario gregoriano).

La conoscenza del calendario Maya era riservata solamente all’elite del popolo ed ai sacerdoti. Essi crearono anche cicli di tempo basati sui movimenti dei pianeti ed altri corpi celesti. Il primo di questi cicli era chiamato “T’zolk’in” o calendario sacro. Questo calendario, comprende 260 giorni, ed e’ composto da 13 numeri che si combinano ai 20 giorni. 










Il calendario sacro puo’ essere utilizzato solo simultaneamente al calendario solare, chiamato “Haab’”, composto da 360 giorni divisi in 18 mesi di 20 giorni, piu’ 5 giorni ( vaghi) chiamati “nefasti” (Uayeb), venendo a formare cosi un calendario di 365 giorni, proprio come quello gregoriano. 

I due calendari formano un ciclo, le cui date impegano 52 anni prima di ripetersi di nuovo. Arrivati a questo punto, spiegare i diversi cicli calendrici in un semplice articolo sarebbe davvero una follia, visto che ho speso ben 3 mesi sui libri prima di capire la differenza tra il calendario sacro e quello solare. Sarebbe molto piu’ semplice invece spiagare la suddivisione dei giorni del calendario del “lungo conto”, e definirne gli elementi.  Nella numerologia Maya esistono solamente tre simboli : il punto che corrisponde ad uno, la linea orizzontale che corrisponde al cinque, e la conchiglia che corrisponde allo zero.  I Maya utilizzano la parola “k’in” per indicare il giorno, “winal” per indicare il mese, e “tun” per l’anno. Inoltre utilizzano il “k’atun” ( che sarebbero 20 tun), e il “b’ak’tun” (20 k’atun).  Detto questo, uno dei cicli piu’ importanti del calendario Maya e’ quello dei 13 b’ak’tun, che corrisponde ad un ciclo di 5.125 anni iniziato l’11 Agosto, 3114 AC (secondo il calendario Gregoriano), e che terminera’ il 23 Dicembre 2012, dove il ciclo tornera’ al suo punto d’origine, ed il lungo conto tornera’ ad azzerarsi. 

(Immagini prese dai miei appunti) 



( Come funziona il calendario: le due ruote (giorni e mesi) girano nello stesso senso)


Per i Maya questa data (23 Dicembre 2012) indica l’inizio di una nuova era, visto che il ciclo calendrico tornera’ ad azzerarsi, ma cio’ non vuol certo dire che il nostro pianeta possa risentirne “fisicamente”. Cio’ che invece mi ha sorpreso di questa storia, sta alle origini di questo ciclo, in quanto i Maya sostengono che il ciclo dei “13 B’ak’tun” e’ iniziato subito dopo  una catastrofe naturale provocata da una collisione di un meteorite col nostro pianeta, il quale provoco’ uno tzunami che causo’ l’inondazione della Terra. Una storia gia’ conosciuta, se consideriamo che proprio nelle culture occidentali ed asiatiche, nello stesso periodo, testi come la Bibbia, la Puranic, l’Epica di Gilgamesh descrivevano lo stesso evento. Secondo il Popol Vuh, il sacro testo dei Maya Quiche’, il 23 Dicembre 2012 (e non 21), segnera’ l’inizio di una nuova era, che non prevede certo la fine del del genere umano. 

Chi annuncia la fine del mondo non e’ il popolo Maya, ma la gente che crede di ricavarci economicamente qualcosa. Ma questa e’ solo la mia opinione, alla quale voglio aggiungere che il termine “Fine del Mondo” e’ stato confuso con il termine “Fine del Tempo”, ossia la fine del ciclo calendrico. Ora voi, potete anche continuare a preoccuparvi , e temere uno scenario apocalittico, magari con uno scontro della nostra galassia con quella di Andromeda, o magari solo uno sbarco di alieni spietati provenienti da pianeti lontani e sconosciuti. Io (ispirato da un celebre film di Paolo Villaggio) speriamo che me la cavo!




Tuesday, April 26, 2011

THE DUKE'S CASTLE, CASTELDACCIA


“The fortress of the Duke”. That is what I used to say every time I was walking under the walls of the Castle of the Duke, in Casteldaccia, a little village located near Palermo, in Sicily. Unfortunately the building today is closed to the visitors, but centuries ago the Castle was the proof of the true life of the Court. My eyes reflect always the view of that wonderful garden where the Duke used to relax and forget the problems of everyday’s life.

Once inside the arch, also the main entrance, I leave behind my body, and my emotions seem to hide my rancor to the events that characterized my life. The garden is not too far away from me, and during those few steps everything has a peaceful sensation. I can see the Court life and watching the garden the time seems to stop. A big Avocado tree shows the sensational beauty of the garden, and its imposing mass tells me that the ‘Big Hermit Tree” feels its old age. Balconies are hidden from the growth of the ivy and leaves that cover the paths.

From the broken windows that get inside the Castle I can see the magnificence of the fresco walls (affreschi) that go back to the seventeenth century. The Duke’s garden is surrounded by the three centuries old building, and its architectonic beauty. It is a mystic and quiet place, green and silent.

Tuesday, April 19, 2011

IL SACRIFICIO DELLA DONNA TZOTZIL

Il custode della chiesa mi sta aspettando sull'uscio della porta centrale della chiesa. I suoi occhi sembrano arrossati, forse per i tanti bicchieri di "pox" (una bevanda alcolica che si ricava dalla canna da zucchero) che ha bevuto mentre mi aspettava, ma mi sorride, e cortesemente, dopo aver pagato il biglietto d'ingresso mi invita a varcare la soglia. E' la prima volta che sto pagando per entrare in un edificio religioso, ma Miguel, il custode, insiste sul fatto che sara' per me un' esperienza unica.

Lascio alle spalle il piccolo villaggio di San Juan Chamula, e rivolgo il mio sguardo a quel luogo macabro, che si tiene in luce per via delle mille candele accese fissate sul pavimento. C'e' caldo li dentro. un calore insopportabile. Cerco di fare i primi passi evitando le candele poggiate a terra, tra il fumo d' incenso e il mormorio di alcune voci che fanno eco dentro la piccola chiesa! Alzo lo sguardo verso l'alto, e solo in questo momento mi accorgo che le statue situate nelle cappelle ai lati della chiesa indossano vestiti reali, con varie stoffe, ornamenti, e capelli veri, mentre ai loro piedi alcune donne maya, in trance, bruciano incenso e recitano litanie incomprensibili.

Alcuni santi sembrano mutilati. A qualcuno di loro manca qualche braccio, mentre altri hanno il viso scheggiato. Miguel, il custode, mi spiega che si tratta di una punizione inflitta dalle donne maya ai santi, per non aver dato ascolto alle loro preghiere. Il pavimento e' ricoperto di aghi di pino, e la croce sopra l'altare non mostra un Cristo crocifisso, ma una corona di mais. Una donna Tzotzil (gruppo etnico del Chiapas) richiama la mia attenzione. L'atmosfera e' serena, nonstante sia scosso dall'agitazione. Non c'e' altra gente dentro la chiesa, solo me ed alcune donne Tzotzil. La donna che sto osservando sta riportando alla luce una pratica vecchia da secoli. Mi chiedo dove siano tutti gli uomini, ma mentre la mia mente spazia tra ipotesi remote, la donna inizia il suo rito religioso.

Sistema diverse candele attorno al luogo dove sta seduta, candele di diversi colori. Dopo aver acceso l'incenso la donna inizia a recitare alcuni salmi in lingua Tzotzil. Rimango incredulo al pensare come le credenze maya abbiano resistito, nonostante i conquistatori europei abbiano fatto del loro meglio per eliminarne ogni traccia delle civilta' mesoamericane. Stavo osservando un nuovo culto, dove ideologia maya e cristiana si intrecciavano in un meraviglioso sincretismo. il mio sguardo torna un'altra volta sulla donna, che intanto aveva gia' deposto le sue candele a terra, e si preparava a tirare fuori dalla borsa alcune uova e una gallina. Con la sua mano destra avvicino' verso se stessa una giovane donna Tzotzil, e passando l'uovo attorno alla giovane, secondo alcuni movimenti spontanei, continuava a recitare le sue preghiere. Gli spiriti maligni avrebbero abbandonato il corpo della giovane donna attraverso l'uovo, che poi sarebbe stato schiacciato al suolo per evitarne agli spiriti il loro il ritorno. Stavo assistendo ad un rito maya, e solo adesso cominciavo a capire perche' sulla croce non c'era un Cristo, ma una coronoa di mais. Il mais e' una pianta molto importante per i Maya.

Il Popol Vuh, la "Bibbia Maya", racconta infatti di come i primi uomini fossero stati creati appunto dal mais. Che spettacolo suggestivo. La gente Tzotzil e' riuscita a mantenere finora la proprie credenze, nonostante per diversi secoli le loro terre sono state confiscate, la loro religione derisa, i testi sacri e scritture di ogni genere messi al rogo per opera di qualche vescovo o cardinale scalmanato dell' Occidente che in nome di Dio massacrava povera gente considerata selvaggia (vedi Vescovo Diego De Landa), i loro uomini costretti a lavorare come schiavi nelle fabbriche di henequen dello Yucatan, e chissa' quante altre sofferenze hanno subito negli anni, considerando che la rivolta degli Zapatisti nel Chiapas non ha avuto il fine che i Maya ben speravano. La donna intanto continua il suo rito di purificazione sacrificando la gallina innanzi al santo in segno di gratitudine. Il sacrificio per i Maya e' rimasto un punto fondamentale delle loro pratiche religiose. Miguel continua a spiegarmi che ancora oggi i Maya osservano pratiche religiose abbastanza antiche, come per esempio quella di infliggersi alcuni tagli alle braccia e bruciare il sangue che ne fuoriesce. Riesco a dare ancora qualche sguardo in giro, prima di tornare fuori dalla chiesa, cerco di fissare negli occhi quel ricordo di un mondo sconosciuto, quell'atmosfera magnifica di un' incontro irreale, quegli odori unici. Esco dalla chiesa e vengo abbagliato dalla luce del sole, in questa caldissima gionata messicana, e prima ancora di riacquistare una perfetta visibilita', vengo assalito da una decina di bambini che cercano di vendermi qualcosa, o chiedono soltanto qualche soldo.

 I miei pensieri rimangono fissi a quelle donne Tzotzil, che con le loro pratiche religiose mi avevano trasportato lontano nel tempo, quando la liberta' del rispetto per i loro dei, indulgendo ai desideri delle loro anime, regnava spensierata in questa parte del mondo!

Friday, April 8, 2011

The Mayan glory and ruin

The rise and consequential fall of the Mayan empire is one of the biggest obscure mysteries of the ancient world. Was it a natural catastrophe or just malfunctioning of the reign?  The people of Mayan’s society during the Preclassic, Classic, and Post classic period, built several cities, temples, and pyramids, and those today are the testimony of their magnificence.

However, even if the stone monuments today are the only possible way to reconstruct the Mayan history, most of them seem to recall unique subjects such as: celebration of battle victories, human sacrifices, commemorations of important events. The arriving of a Western warlord to the southern cities of Waka symbolizes the beginning of a new Era for the Mayans, an age of absolute splendor, founding new rulers that lasted for several centuries. I am afraid to be wrong, but I believe that one of the primary factors of the Mayan fall is the instability of its society, the internal conflicts, where cities were acting as independent micro-states, fighting each other, and eliminating their own people, just because considered “rivals”.

It is not a unique case in world’s history, if we recall the example of Sparta and Athens, as being rivals in the Ancient Greece, and the consequences could be drastic for the entire civilization.  The arrive of the Spanish conquistadores in the Post Classic period, in fact, sets the end of the Mayan hegemony  in Yucatan,  but what happened in the southern regions of Mexico? The interstate conflict increased so much to lead the civilization to the collapse. People had abandoned the major places, and the splendor of Palenque, Tikal, Yaxchilan, and more other cities remained hidden in their mysteries.  

Each image, each symbol of the sites is a representation of an impressing culture that had its period of glory. However, the unstable situation, caused first and foremost for competition, made the population loosing the control of their empire, and come to a close failure. 

Tuesday, April 5, 2011

Al Andalus (Andalusia) bajo el dominio Arabe

Cuando se habla de cultura de España es imposible no mencionar lo que el populo árabe nos dejo a través de los varios siglos de la conquista. La percepción de la cultura árabe, su peculiaridades, y su lujosa lengua, son solamente unos particulares de lo que constituye el “harem” socio-cultural de la España de hoy.   Siendo yo antropólogo, siento la necesidad de clarificar mas este tema, bajo un estudio profundo de las culturas y eventos históricos que van a interesar la Península Ibérica en estos años (desde el 711, al 1492), y de los elementos que van a caracterizar la formación de una nueva y compleja sociedad.

Vamos a examinar como los cristianos y musulmanes aprenderán a vivir bajo ciertas condiciones de tolerancia y respecto de las ideas religiosas y el uso de las instituciones públicas, seguido por la venida de una floritura de las escuelas filosóficas, científicas, de arte, etc. Un esplendor que va a desaparecer con el tiempo, en seguida a interminables conflictos, persecuciones, y aboliciones culturales y religiosas, que serán la primera explicación de martirios, torturas, y años de desperdicio de sangre inocente: un caso equitativo será la historia de San Pelagio y Abderramán. Aun que todas estas situaciones van a dar una mala impresión de lo que es la cultura que se afirmo en la Península Ibérica, Al Ándalus llegara a su máximo esplendor, bajo el reino de los califas, comprendiendo un ejemplar sistema de administración, y mejoramientos en el campo económico y social, que van a ofrecer a la vieja región de Hispania la admiración del mundo (antiguo) entero. 

No es un caso que hoy en día, en todos los países del Mediterráneo (Norte de África y Europa del Sur en general) la gente tiene características similares, fruto de un intercambio biológico y cultural. Muchos libros nos hablan de los invasores Moros como gente intolerante, repulsiva, enemigos de los cristianos que imponían sus querer sin piedad para el populo dominado. Estas afirmaciones pueden ser ciertas, si no consideramos que atrás de la religión (que es la razón más grande porque los críticos están en desacuerdo) haya otras explicaciones que nos hacen entender el porqué de ciertos actos. El problemas de los críticos es que sufren mucho en aceptar  la importancia de Al Ándalus como parte de la historia de España. El símbolo de la tolerancia entre las varias religiones (musulmana, cristiana y judía), que a lo mejor en estos tiempos no podría ser aceptada tan fácil por diversas razones, permitió a los varios grupos que convivieron en Al Ándalus la posibilidad de conservar sus culto, hábitos, y leyes. La paciencia del populo conquistado permitió también de vivir años de tranquilidad, y en los años a seguir muchos árabes nacidos en la Península Ibérica pudieron adoptar sin ningún problema maneras y costumbres típicas de los “blancos”.

El desarrollo cultural de España llega a altos niveles gracias a la presentía de estos califas, que introducen una nueva lengua, la numerología, un nuevo estilo arquitectónico y sobre todo un nuevo estilo de vida.  Empiezan a aparecer nuevas escuelas, y sobretodo nace el entusiasmo de aprender de parte de los cristianos. La comunidades judías y cristianas entonces, no estaban tan en desacuerdo con los musulmanes, de hecho, están interesados en adoptar muchas practicas y normas de la sociedad en que se encontraban a vivir (Menocal). Árabes y Bereberes participarán con los cristianos de España a nuevas actividades culturales, que serán fundamentales en el progreso de la civilización Arabo-Hispánica. Los campesinos de esta regiones Ibéricas, en el tiempo de los Romanos Y Visigodos no tenían ningún derecho sobre sus tierras, pero con la venida de los Árabes, la política toma una desvuelta decisiva, y la gente común puede beneficiar de estos cambiamientos, así que esclavos venían tratados como miembros de la familia, y tal vez podían también casarse con las hijas de sus maestros. Los árabes entonces crearon un  reino capaz de poder administrarse sin distinciones sociales entre ellos y los conquistados, y gracias a esta capacidad funcionaria todos los ciudadanos conseguían beneficiar libremente de los privilegios que los árabes se prestaban a  ofrecer.

 En tema de religión, mucha gente no toleraba las maneras de los Visigodos, que muchas veces recorrían también a martirios y maltratamientos, y no titubearon cuando les se propuso de convertirse a la nueva religión Islámica, también porque los que eran musulmanes o se convertían, podían beneficiar de ulteriores favores. El número de los Hispánicos que se convierten es extraordinario, y llega tan rápida como la conquista de la península Ibérica desde los árabes. Los cristianos que in vez no adoptaron esta nueva religión, se enamoraron sin dudas, de la nueva cultura: muchos de ellos empiezan a aprender el árabe, las tradiciones, la cocina, las técnicas utilizadas para trabajar la tierra, y plantar árboles, y nuevas técnicas de irrigación que son aplicadas hasta hoy en día. Estos cristianos que abrazaron esta nueva tendencia cultural, cambiaron sus maneras de vivir, muy distinta de la precedente, y fueron llamados “mozárabes”. 

 Los reyes árabes tenían sus harems, y se saboreaban la vida.  En el castillo de Córdoba, Abderramán III se ocupaba de la vida política, de su gente, y también de su vida personal. Como nos cuenta Mark Jordan en su libro “Queen Iberia”,  Abderramán tenía dos harems: uno de mujeres y uno de hombres muy jóvenes. Básicamente el rey participó también  en prácticas sexuales con gente de su mismo sexo, y terminó con enamorarse de un niño de 13 años, llamado Pelagio. Para los cristianos era algo definitivamente escandaloso, mientras en la antología árabe, esto podría ser tranquilamente una historia de amor. Unos mozárabes, van a ser testigos de su martirio y muerte, y van a establecer la causa de la muerte del niño como causa religiosa. En verdad, la razón principal es de natura sexual. Abderramán esta tan enamorado del niño Pelagio, que quería su cuerpo, e intentó unos avances, pero viendo que Pelagio no entendía ceder, ofendido y enfuriado, el califa ordenó su muerte. El niño fue torturado, martiriado y en fin matado.

 Los cristianos afirmaron que atrás de todo esto estaba la voluntad de Abderramán en convertir el niño al Islam. Según mis interpretaciones se trata más de una situación personal entre el rey y el niño, y no tiene mucho a que ver la religión en este caso. Si se quiere examinar este problema de otro punto de vista, ósea religioso, creo que es increíble que tenemos solamente un caso símil, y que el evento no se repita otras veces contra de otros niños cristianos, y además Abderramán según los estudios profundos de algunos históricos, no parece llevar un odio particular contra los cristianos.  Algo que iba creciendo siempre más en este tiempo, in vez, eran los matrimonios entre convertidos al islam y musulmanes. Mucha gente en esta manera se olvido de sus verdaderas origines (cristianas para los religiosos, o árabe), y las razas se juntaron tan profundamente que era casi imposible identificar o reconocer elementos de caracterización étnica entre la gente que andaba creciendo y viviendo en el reino de  Al Ándalus.

Para lo que reguarda el aspecto global de lo que estaba sucediendo en Al Ándalus, los cristianos que vivieron bajo el domino árabe nunca renunciaron a tener contactos con el resto de los cristianos en el mundo (de hecho los árabes nunca les impidieron que lo hicieran). Además, tomaron una participación activa en la vida económica del país, mejorando los intercambios de productos entre los árabes, y los cristianos de otras partes de Europa, y otros estaban empleados en otros oficios, y eran considerados un núcleo importante en la estructura civil de las ciudades de Al Ándalus. Del otro lado, los árabes se tomaron el territorio que habían conquistado, transformándolo en un lugar vivible, gracias a la capacidad de saber adaptarse a cualquier lugar adonde ellos se encontraban, utilizando con grandes técnicas las potencialidades agrícolas y culturales que conocían.  La influencia de la España musulmana era muy sentida entre la gente de las fronteras de Norte (Cristianos) y Sur (Bereberes). La cultura Arabo-Hispánica se va a afirmar y continuara a sobrevivir en Europa también muchos años después de la expulsión de los musulmanes en la última ciudad de España, Granada, y en muchas condiciones  contribuyo al desarrollo de la civilización moderna de Europa.