Cultures and Religions

Ogni Cultura possiede le proprie norme per cio' che sia socialmente accettabile

Tuesday, April 26, 2011

THE DUKE'S CASTLE, CASTELDACCIA


“The fortress of the Duke”. That is what I used to say every time I was walking under the walls of the Castle of the Duke, in Casteldaccia, a little village located near Palermo, in Sicily. Unfortunately the building today is closed to the visitors, but centuries ago the Castle was the proof of the true life of the Court. My eyes reflect always the view of that wonderful garden where the Duke used to relax and forget the problems of everyday’s life.

Once inside the arch, also the main entrance, I leave behind my body, and my emotions seem to hide my rancor to the events that characterized my life. The garden is not too far away from me, and during those few steps everything has a peaceful sensation. I can see the Court life and watching the garden the time seems to stop. A big Avocado tree shows the sensational beauty of the garden, and its imposing mass tells me that the ‘Big Hermit Tree” feels its old age. Balconies are hidden from the growth of the ivy and leaves that cover the paths.

From the broken windows that get inside the Castle I can see the magnificence of the fresco walls (affreschi) that go back to the seventeenth century. The Duke’s garden is surrounded by the three centuries old building, and its architectonic beauty. It is a mystic and quiet place, green and silent.

Tuesday, April 19, 2011

IL SACRIFICIO DELLA DONNA TZOTZIL

Il custode della chiesa mi sta aspettando sull'uscio della porta centrale della chiesa. I suoi occhi sembrano arrossati, forse per i tanti bicchieri di "pox" (una bevanda alcolica che si ricava dalla canna da zucchero) che ha bevuto mentre mi aspettava, ma mi sorride, e cortesemente, dopo aver pagato il biglietto d'ingresso mi invita a varcare la soglia. E' la prima volta che sto pagando per entrare in un edificio religioso, ma Miguel, il custode, insiste sul fatto che sara' per me un' esperienza unica.

Lascio alle spalle il piccolo villaggio di San Juan Chamula, e rivolgo il mio sguardo a quel luogo macabro, che si tiene in luce per via delle mille candele accese fissate sul pavimento. C'e' caldo li dentro. un calore insopportabile. Cerco di fare i primi passi evitando le candele poggiate a terra, tra il fumo d' incenso e il mormorio di alcune voci che fanno eco dentro la piccola chiesa! Alzo lo sguardo verso l'alto, e solo in questo momento mi accorgo che le statue situate nelle cappelle ai lati della chiesa indossano vestiti reali, con varie stoffe, ornamenti, e capelli veri, mentre ai loro piedi alcune donne maya, in trance, bruciano incenso e recitano litanie incomprensibili.

Alcuni santi sembrano mutilati. A qualcuno di loro manca qualche braccio, mentre altri hanno il viso scheggiato. Miguel, il custode, mi spiega che si tratta di una punizione inflitta dalle donne maya ai santi, per non aver dato ascolto alle loro preghiere. Il pavimento e' ricoperto di aghi di pino, e la croce sopra l'altare non mostra un Cristo crocifisso, ma una corona di mais. Una donna Tzotzil (gruppo etnico del Chiapas) richiama la mia attenzione. L'atmosfera e' serena, nonstante sia scosso dall'agitazione. Non c'e' altra gente dentro la chiesa, solo me ed alcune donne Tzotzil. La donna che sto osservando sta riportando alla luce una pratica vecchia da secoli. Mi chiedo dove siano tutti gli uomini, ma mentre la mia mente spazia tra ipotesi remote, la donna inizia il suo rito religioso.

Sistema diverse candele attorno al luogo dove sta seduta, candele di diversi colori. Dopo aver acceso l'incenso la donna inizia a recitare alcuni salmi in lingua Tzotzil. Rimango incredulo al pensare come le credenze maya abbiano resistito, nonostante i conquistatori europei abbiano fatto del loro meglio per eliminarne ogni traccia delle civilta' mesoamericane. Stavo osservando un nuovo culto, dove ideologia maya e cristiana si intrecciavano in un meraviglioso sincretismo. il mio sguardo torna un'altra volta sulla donna, che intanto aveva gia' deposto le sue candele a terra, e si preparava a tirare fuori dalla borsa alcune uova e una gallina. Con la sua mano destra avvicino' verso se stessa una giovane donna Tzotzil, e passando l'uovo attorno alla giovane, secondo alcuni movimenti spontanei, continuava a recitare le sue preghiere. Gli spiriti maligni avrebbero abbandonato il corpo della giovane donna attraverso l'uovo, che poi sarebbe stato schiacciato al suolo per evitarne agli spiriti il loro il ritorno. Stavo assistendo ad un rito maya, e solo adesso cominciavo a capire perche' sulla croce non c'era un Cristo, ma una coronoa di mais. Il mais e' una pianta molto importante per i Maya.

Il Popol Vuh, la "Bibbia Maya", racconta infatti di come i primi uomini fossero stati creati appunto dal mais. Che spettacolo suggestivo. La gente Tzotzil e' riuscita a mantenere finora la proprie credenze, nonostante per diversi secoli le loro terre sono state confiscate, la loro religione derisa, i testi sacri e scritture di ogni genere messi al rogo per opera di qualche vescovo o cardinale scalmanato dell' Occidente che in nome di Dio massacrava povera gente considerata selvaggia (vedi Vescovo Diego De Landa), i loro uomini costretti a lavorare come schiavi nelle fabbriche di henequen dello Yucatan, e chissa' quante altre sofferenze hanno subito negli anni, considerando che la rivolta degli Zapatisti nel Chiapas non ha avuto il fine che i Maya ben speravano. La donna intanto continua il suo rito di purificazione sacrificando la gallina innanzi al santo in segno di gratitudine. Il sacrificio per i Maya e' rimasto un punto fondamentale delle loro pratiche religiose. Miguel continua a spiegarmi che ancora oggi i Maya osservano pratiche religiose abbastanza antiche, come per esempio quella di infliggersi alcuni tagli alle braccia e bruciare il sangue che ne fuoriesce. Riesco a dare ancora qualche sguardo in giro, prima di tornare fuori dalla chiesa, cerco di fissare negli occhi quel ricordo di un mondo sconosciuto, quell'atmosfera magnifica di un' incontro irreale, quegli odori unici. Esco dalla chiesa e vengo abbagliato dalla luce del sole, in questa caldissima gionata messicana, e prima ancora di riacquistare una perfetta visibilita', vengo assalito da una decina di bambini che cercano di vendermi qualcosa, o chiedono soltanto qualche soldo.

 I miei pensieri rimangono fissi a quelle donne Tzotzil, che con le loro pratiche religiose mi avevano trasportato lontano nel tempo, quando la liberta' del rispetto per i loro dei, indulgendo ai desideri delle loro anime, regnava spensierata in questa parte del mondo!

Friday, April 8, 2011

The Mayan glory and ruin

The rise and consequential fall of the Mayan empire is one of the biggest obscure mysteries of the ancient world. Was it a natural catastrophe or just malfunctioning of the reign?  The people of Mayan’s society during the Preclassic, Classic, and Post classic period, built several cities, temples, and pyramids, and those today are the testimony of their magnificence.

However, even if the stone monuments today are the only possible way to reconstruct the Mayan history, most of them seem to recall unique subjects such as: celebration of battle victories, human sacrifices, commemorations of important events. The arriving of a Western warlord to the southern cities of Waka symbolizes the beginning of a new Era for the Mayans, an age of absolute splendor, founding new rulers that lasted for several centuries. I am afraid to be wrong, but I believe that one of the primary factors of the Mayan fall is the instability of its society, the internal conflicts, where cities were acting as independent micro-states, fighting each other, and eliminating their own people, just because considered “rivals”.

It is not a unique case in world’s history, if we recall the example of Sparta and Athens, as being rivals in the Ancient Greece, and the consequences could be drastic for the entire civilization.  The arrive of the Spanish conquistadores in the Post Classic period, in fact, sets the end of the Mayan hegemony  in Yucatan,  but what happened in the southern regions of Mexico? The interstate conflict increased so much to lead the civilization to the collapse. People had abandoned the major places, and the splendor of Palenque, Tikal, Yaxchilan, and more other cities remained hidden in their mysteries.  

Each image, each symbol of the sites is a representation of an impressing culture that had its period of glory. However, the unstable situation, caused first and foremost for competition, made the population loosing the control of their empire, and come to a close failure. 

Tuesday, April 5, 2011

Al Andalus (Andalusia) bajo el dominio Arabe

Cuando se habla de cultura de España es imposible no mencionar lo que el populo árabe nos dejo a través de los varios siglos de la conquista. La percepción de la cultura árabe, su peculiaridades, y su lujosa lengua, son solamente unos particulares de lo que constituye el “harem” socio-cultural de la España de hoy.   Siendo yo antropólogo, siento la necesidad de clarificar mas este tema, bajo un estudio profundo de las culturas y eventos históricos que van a interesar la Península Ibérica en estos años (desde el 711, al 1492), y de los elementos que van a caracterizar la formación de una nueva y compleja sociedad.

Vamos a examinar como los cristianos y musulmanes aprenderán a vivir bajo ciertas condiciones de tolerancia y respecto de las ideas religiosas y el uso de las instituciones públicas, seguido por la venida de una floritura de las escuelas filosóficas, científicas, de arte, etc. Un esplendor que va a desaparecer con el tiempo, en seguida a interminables conflictos, persecuciones, y aboliciones culturales y religiosas, que serán la primera explicación de martirios, torturas, y años de desperdicio de sangre inocente: un caso equitativo será la historia de San Pelagio y Abderramán. Aun que todas estas situaciones van a dar una mala impresión de lo que es la cultura que se afirmo en la Península Ibérica, Al Ándalus llegara a su máximo esplendor, bajo el reino de los califas, comprendiendo un ejemplar sistema de administración, y mejoramientos en el campo económico y social, que van a ofrecer a la vieja región de Hispania la admiración del mundo (antiguo) entero. 

No es un caso que hoy en día, en todos los países del Mediterráneo (Norte de África y Europa del Sur en general) la gente tiene características similares, fruto de un intercambio biológico y cultural. Muchos libros nos hablan de los invasores Moros como gente intolerante, repulsiva, enemigos de los cristianos que imponían sus querer sin piedad para el populo dominado. Estas afirmaciones pueden ser ciertas, si no consideramos que atrás de la religión (que es la razón más grande porque los críticos están en desacuerdo) haya otras explicaciones que nos hacen entender el porqué de ciertos actos. El problemas de los críticos es que sufren mucho en aceptar  la importancia de Al Ándalus como parte de la historia de España. El símbolo de la tolerancia entre las varias religiones (musulmana, cristiana y judía), que a lo mejor en estos tiempos no podría ser aceptada tan fácil por diversas razones, permitió a los varios grupos que convivieron en Al Ándalus la posibilidad de conservar sus culto, hábitos, y leyes. La paciencia del populo conquistado permitió también de vivir años de tranquilidad, y en los años a seguir muchos árabes nacidos en la Península Ibérica pudieron adoptar sin ningún problema maneras y costumbres típicas de los “blancos”.

El desarrollo cultural de España llega a altos niveles gracias a la presentía de estos califas, que introducen una nueva lengua, la numerología, un nuevo estilo arquitectónico y sobre todo un nuevo estilo de vida.  Empiezan a aparecer nuevas escuelas, y sobretodo nace el entusiasmo de aprender de parte de los cristianos. La comunidades judías y cristianas entonces, no estaban tan en desacuerdo con los musulmanes, de hecho, están interesados en adoptar muchas practicas y normas de la sociedad en que se encontraban a vivir (Menocal). Árabes y Bereberes participarán con los cristianos de España a nuevas actividades culturales, que serán fundamentales en el progreso de la civilización Arabo-Hispánica. Los campesinos de esta regiones Ibéricas, en el tiempo de los Romanos Y Visigodos no tenían ningún derecho sobre sus tierras, pero con la venida de los Árabes, la política toma una desvuelta decisiva, y la gente común puede beneficiar de estos cambiamientos, así que esclavos venían tratados como miembros de la familia, y tal vez podían también casarse con las hijas de sus maestros. Los árabes entonces crearon un  reino capaz de poder administrarse sin distinciones sociales entre ellos y los conquistados, y gracias a esta capacidad funcionaria todos los ciudadanos conseguían beneficiar libremente de los privilegios que los árabes se prestaban a  ofrecer.

 En tema de religión, mucha gente no toleraba las maneras de los Visigodos, que muchas veces recorrían también a martirios y maltratamientos, y no titubearon cuando les se propuso de convertirse a la nueva religión Islámica, también porque los que eran musulmanes o se convertían, podían beneficiar de ulteriores favores. El número de los Hispánicos que se convierten es extraordinario, y llega tan rápida como la conquista de la península Ibérica desde los árabes. Los cristianos que in vez no adoptaron esta nueva religión, se enamoraron sin dudas, de la nueva cultura: muchos de ellos empiezan a aprender el árabe, las tradiciones, la cocina, las técnicas utilizadas para trabajar la tierra, y plantar árboles, y nuevas técnicas de irrigación que son aplicadas hasta hoy en día. Estos cristianos que abrazaron esta nueva tendencia cultural, cambiaron sus maneras de vivir, muy distinta de la precedente, y fueron llamados “mozárabes”. 

 Los reyes árabes tenían sus harems, y se saboreaban la vida.  En el castillo de Córdoba, Abderramán III se ocupaba de la vida política, de su gente, y también de su vida personal. Como nos cuenta Mark Jordan en su libro “Queen Iberia”,  Abderramán tenía dos harems: uno de mujeres y uno de hombres muy jóvenes. Básicamente el rey participó también  en prácticas sexuales con gente de su mismo sexo, y terminó con enamorarse de un niño de 13 años, llamado Pelagio. Para los cristianos era algo definitivamente escandaloso, mientras en la antología árabe, esto podría ser tranquilamente una historia de amor. Unos mozárabes, van a ser testigos de su martirio y muerte, y van a establecer la causa de la muerte del niño como causa religiosa. En verdad, la razón principal es de natura sexual. Abderramán esta tan enamorado del niño Pelagio, que quería su cuerpo, e intentó unos avances, pero viendo que Pelagio no entendía ceder, ofendido y enfuriado, el califa ordenó su muerte. El niño fue torturado, martiriado y en fin matado.

 Los cristianos afirmaron que atrás de todo esto estaba la voluntad de Abderramán en convertir el niño al Islam. Según mis interpretaciones se trata más de una situación personal entre el rey y el niño, y no tiene mucho a que ver la religión en este caso. Si se quiere examinar este problema de otro punto de vista, ósea religioso, creo que es increíble que tenemos solamente un caso símil, y que el evento no se repita otras veces contra de otros niños cristianos, y además Abderramán según los estudios profundos de algunos históricos, no parece llevar un odio particular contra los cristianos.  Algo que iba creciendo siempre más en este tiempo, in vez, eran los matrimonios entre convertidos al islam y musulmanes. Mucha gente en esta manera se olvido de sus verdaderas origines (cristianas para los religiosos, o árabe), y las razas se juntaron tan profundamente que era casi imposible identificar o reconocer elementos de caracterización étnica entre la gente que andaba creciendo y viviendo en el reino de  Al Ándalus.

Para lo que reguarda el aspecto global de lo que estaba sucediendo en Al Ándalus, los cristianos que vivieron bajo el domino árabe nunca renunciaron a tener contactos con el resto de los cristianos en el mundo (de hecho los árabes nunca les impidieron que lo hicieran). Además, tomaron una participación activa en la vida económica del país, mejorando los intercambios de productos entre los árabes, y los cristianos de otras partes de Europa, y otros estaban empleados en otros oficios, y eran considerados un núcleo importante en la estructura civil de las ciudades de Al Ándalus. Del otro lado, los árabes se tomaron el territorio que habían conquistado, transformándolo en un lugar vivible, gracias a la capacidad de saber adaptarse a cualquier lugar adonde ellos se encontraban, utilizando con grandes técnicas las potencialidades agrícolas y culturales que conocían.  La influencia de la España musulmana era muy sentida entre la gente de las fronteras de Norte (Cristianos) y Sur (Bereberes). La cultura Arabo-Hispánica se va a afirmar y continuara a sobrevivir en Europa también muchos años después de la expulsión de los musulmanes en la última ciudad de España, Granada, y en muchas condiciones  contribuyo al desarrollo de la civilización moderna de Europa.